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Operaio folgorato in cantiere, due imputati si difendono: "Impresa era in regola"

I titolari della Omnia sono stati ascoltati all'udienza preliminare per la morte di Giovanni Callea

“Abbiamo dato l’incarico di realizzare la piattaforma all’impresa che ha presentato il migliore preventivo e che aveva tutte le carte in regola in termini di curriculum e documenti. Sulle modalità esecutive non eravamo in condizioni di dire nulla”. Gli imprenditori Valerio Peritore, 51 anni e Angelo Incorvaia, 56 anni, titolari dell’impresa Omnia, che commissionò i lavori, si difendono così davanti al giudice dell’udienza preliminare Alessandra Vella che dovrà pronunciarsi sulla richiesta di rinvio a giudizio che il pubblico ministero Alessandra Russo ha avanzato nei loro confronti e nei confronti di altri quattro imputati, tre dei quali sono responsabili delle imprese interessate ai lavori. I due imprenditori, attraverso il loro difensore, l'avvocato Giuseppe Barba, questa mattina hanno chiesto di essere interrogati e hanno riferito la loro versione dei fatti.

"Morto mentre manovrava la pompa del calcestruzzo", chiesti sei rinvii a giudizio

Il processo è quello per la morte di Giovanni Callea, l'operaio di 44 anni di Licata, rimasto folgorato, l'11 maggio del 2017, mentre lavorava in un cantiere di Licata dove si stava realizzando un battuto di cemento armato. Secondo la Procura, morì perché i responsabili delle imprese che stavano gestendo l’appalto non attuarono le misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro e perché un collega fece una manovra incauta e azzardata. Callea stava manovrando la pompa per spargere il calcestruzzo quando il braccio dell’autobetoniera, sfiorò i fili dell'alta tensione generando una scarica elettrica che lo colpì. Secondo il pm, l'autobetoniera era stata parcheggiata in maniera imprudente accanto ai cavi. Il processo è stato chiesto, oltre che per Peritore e Incorvaia, per Carmelo Spiteri, 53 anni, Sonia Carità, 38 anni, Francesco Urso, 39 anni ed Enrico Angelo Florio, 42 anni. Quest'ultimo è un collega di Callea al quale si contesta l'omicidio colposo perchè, avrebbe collocato "incautamente" l'autobetoniera accanto ai fili dell'alta tensione. Callea era addetto alla pompa, l'altro operaio invece, stava manovrando il braccio della betoniera. Un lavoro di routine per i due lavoratori ma, secondo la ricostruzione dell’episodio, il manovratore dell’autobetoniera fece l’errore di posizionarla accanto ai tralicci dell’alta tensione. 

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